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Galugnano: Il sorriso di Ahmed

7/8/2014

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Quando arrivò a Galugnano Ahmed aveva solo dieci anni. Era partito dal Marocco, con la madre e il fratello maggiore Said, a bordo di una navicella che cadeva a pezzi. La sua è una storia come tante, una dura realtà di gente che s’è quasi ammazzata per approdare nel Bel Paese. Partire un bel giorno a cercare fortuna. Partire e forse non tornare mai più. Suo padre era morto poco più che adolescente, e da allora l’intero peso della famiglia gravava sulle spalle di sua madre Naima, una bambina pure lei. Ma Naima era morta in mare, insieme a tanti altri sventurati, quel maledetto giorno in cui s’imbarcarono. Così Ahmed e Said erano rimasti soli, i parenti tutti lontanissimi, gli amici poco più che un ricordo. La prima volta che c’incontrammo, io mi presentai con tono ufficiale, come fossi un ambasciatore: «Piacere, il mio nome è Mario Lazzi», tanto che Luigi, mio cognato, uno molto giovanile, mi prese in giro: «Ma chi minchia è che parla così! Non stai alla televisione». I due ragazzini mi guardarono fiduciosi. Said serio serio. Ahmed mi sorrise. 

La prima cosa che Ahmed vide, prima che all’orizzonte gli si parasse il mio paesucolo, fu la minuscola murgia galugnanese, che qui chiamiamo
Li Caggiuni. Brullo e pallido, il piccolo rilievo apparve brulicante di vita a quel bambino venuto dal deserto. Me lo confidò Said in una delle sue rare concessioni alla chiacchiera. Sì, per Said il solo riferire qualcosa all’insaputa del fratello, fosse anche un’innocua bazzecola, era quantomeno inopportuno. Adesso Ahmed ha venticinque anni, e Li Caggiuni sono la sua seconda casa. Ahmed di mestiere fa il venditore ambulante di vestiti. Insieme a Said si sveglia all’alba per caricare il furgoncino e partire poco prima delle sei. Delle volte mi capita di passare a piedi davanti a casa loro, e allora sento i due fratelli intonare cantilene che a me paiono preghiere. Hanno voci profonde e suadenti, che mi portano alla mente certe litanie di stampo ferrettiano. Altre volte trovo Ahmed sulla porta. Mi fa segno e mi dice: «Ciao amico, come sta oggi il cuore?». Già, mi domando io, come sta oggi il mio cuore? Me la cavo con un «Tutto a posto», e lui mi sorride. Mi viene da pensare se sia poi così ingenuo da non capire che la mia è solo una frase di circostanza. Ma di tempo per scervellarmi con queste pippe mentali non ne ho. Qui siamo sempre di corsa, ché bisogna portare a casa la pagnotta. Anch’io faccio l’ambulante, però non vendo vestiti come Ahmed. Io c’ho un alimentari. Vendo salami, mortadelle, olive, sarde, cose così. Sistemo la mia bancarella al centro di Piazza Vittorio Emanuele ogni santo mercoledì. Il mercoledì è il giorno che tocca al mio paese, ché non sto nel basso Salento. Giorno ricco, si fa per dire. Ahmed e Said piazzano la loro bancarella di fianco alla mia. Said è sempre serio, Ahmed mi sorride. Devo essere sincero: più di una volta avrei voluto dirgli “Che cazzo c’hai da ridere!”, ma mi sono trattenuto. Non per educazione, no. Avevo capito – anche se non volevo accettarlo– che lui era felice così, con quel pochissimo che aveva. Allora guardavo in basso. Miravo al basolato, che nel punto dove mi piazzavo io con la mia baracca si trasformava in un bel gallo. Lo stemma di Galugnano. E proprio il gallo fissavo, un po’ stranito. Io non ero felice con quel poco che avevo. Io volevo di più. Mi sembrava una cosa giusta volere di più. Una cosa per la quale il fior fiore dei comunisti di mezzo mondo s’era spaccato il culo. Ma adesso è tutta un’altra cosa. Adesso non va bene un cazzo di niente. Tutti a volere tutto per loro stessi, altro che Comunismo. Io per primo. Lo confesso. E confesso che almeno una volta ho pensato – sì una merda di volta l’ho pensato – che Ahmed e Said m’avessero rubato la piazza. Che idea
stronza! Loro vendono vestiti e io salami. Due cose che non c’entrano una mazza. Eppure l’ho pensato. E me ne vergogno. Dopo quella volta, però, non l’ho più pensata una cosa tanto fiacca e leghista. Ahmed e Said sono diventati amici miei. Ma amici amici, non tanto per dire. Ahmed l’ho perfino portato avanti nella lista civica “Noi per voi”. Lista che pendeva a sinistra, ovviamente. E qualche voto l’ha pure preso, ché a Galugnano sta simpatico a molti. Nonostante i soliti facinorosi. E nonostante suo fratello ripetesse a manetta di voler costruire una moschea di fianco alla chiesa dell’Annunziata. «Quisti su’ pacci» commentò Angiolino, fruttivendolo. Pure lui ambulante. Non poteva concepire, nemmeno col pensiero, che all’Annunziata si accostasse una qualsiasi altra costruzione. «Era meju fazzanu le strade» sbottò Tommaso, il meccanico, indicando una ad una le buche sull’asfalto. Ma poi la storia di Ahmed assessore si risolse nel nulla, e buonanotte ai suonatori. La vita di Ahmed è divisa tra la piazza, Li Caggiuni e la Scaliddhra, una discesa dalla pendenza pazzesca in direzione della vecchia strada per Caprarica. Quando non caccia fuori la bancarella coi vestiti, Ahmed fa il bracciante a ore. Sempre al lavoro. Sempre. Almeno io, per mangiare, faccio una cosa sola. E quando smonto tutto e torno dal lavoro, a casa ci sto al massimo un’ora. Vado al bar e mi bevo un paio di bicchierini. Almeno questo. Sennò uno che campa a fare! Verso le cinque del pomeriggio Ahmed è di ritorno dalla Scaliddhra. A quell’ora io sono al bar. Lui mi vede da lontano e mi fa un cenno con la mano, sempre sorridente. Poi urla per tre volte al mio indirizzo «Mario, Mario, Mario», quasi cantando. Ecco, penso, il sorriso di Ahmed vale tutta una vitaccia. E vale tutto un paese.

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GIANLUCA CONTE
glucaconte.blogspot.it

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#inchiostrodipuglia #vivilapuglia #leggereèrespirare


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2 Comments
Marianna Burlando link
7/7/2014 08:38:55 pm

"Sappiamo chi noi siamo, ma non sappiamo cosa potremmo essere"..e un sorriso può talvolta aiutarci in questa ricerca. Bravo Gianluca!

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antonella caprio
7/9/2014 05:41:39 pm

Sembra quasi il proseguimento del mio racconto. Mi è piaciuto! Complimenti!

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