Ho deciso di scrivere la mia storia per rivelare al mondo l'ingiustizia che ho subìto, alla scienza le scoperte di cui sono venuto a conoscenza, ma soprattutto perché mi annoio. Fra le pareti di questa cella non c'è che il silenzio rotto da un disgustoso compagno che rutta di giorno e russa di notte. La mia scoperta avrebbe potuto servire all'umanità, se solo l'aveste capito. Ma sono sempre i grandi a fare le spese della mediocrità dei piccoli. Per questo ricoprirò il bianco che acceca i vostri occhi e le pareti della cella con le righe della mia storia. L'unica cosa che non vi darò sarà la formula. Evidentemente il mondo non è ancora pronto a riceverla. Comincerò dal principio. Tutti sanno che i meridionali sono pigri, pensano solo a mangiare e arrivano sempre in ritardo. Io ne so qualcosa perché il prete che doveva sposarmi, un foggiano con la passione per le mozzarelle, fu così in ritardo, il giorno delle nozze, che la promessa sposa si stufò e mi lasciò sull'altare dopo vari segni di impazienza. Se fosse arrivato puntuale io oggi sarei un uomo felice. Invece da quel giorno piombai nella più cupa disperazione. Ricordo ancora come arrivò don Franco, trafelato, raccontando di essere stato legato da una strana figura. Il nodo era roba da femmine ed era riuscito a slegarsi, raccontò. Allora facevo il chimico per una casa farmaceutica a Milano. La vista dei posti che avevo frequentato con la mia donna mi era insopportabile e chiesi il trasferimento. Per giorni attesi senza mangiare e dormire. La sola vista di una mozzarella mi dava la nausea. Mi mandarono a Foggia, nella lontana Puglia, regione di provenienza del prete. Oltre al danno la beffa, quindi. Trascorrevo le mie ore in laboratorio, lavorando per dimenticare. Intanto testavo vaccini e meditavo vendetta. Nessuno dei colleghi mi dava confidenza, ad eccezione di alcune barzellette sporche e di occhiate stupite al completo giacca e cravatta che portavo anche in laboratorio. Fu in una notte di ottobre, tutti se n'erano andati e fuori infuriava il temporale. Dalle finestre colava dell'acqua e andai a chiuderle. In mano tenevo una provetta di vaccino per la mucca pazza appena diluito in un composto di acido acetilsalicilico e in bocca avevo un Mars, perchè non avevo cenato. Mentre toccavo il vetro un lampo squartò il cielo e un tuono si accompagnò a un black-out. Quando mi svegliai mi trovai carponi con in bocca il Mars annaffiato di liquido giallo. Poco distante, giaceva la provetta vuota. Posai il Mars e mi affrettai a pulire. Il giorno dopo, Gaetano entrò con sguardo assonnato. - Madò. Disse. - Non c'ho dormito niente con 'sto temporale. Era, Gaetano, un mio grasso collega dalla battuta sempre pronta. Si era svegliato così tardi che non aveva fatto colazione, disse. A proposito di ritardi. Ed era affamato. A proposito di mangiare. Vide il Mars e lo ingoiò in un boccone. Non riuscii a dirgli niente. Ma poco dopo, Gaetano si sgonfiò sotto i miei occhi. La pancia non c'era più, i ricci erano pettinati ed era sparito anche il sudore dalle ascelle. Guardò la sua tuta, inorridì e tornò in mezz'ora cambiato e con la giacca. Rimasi a riflettere fino a sera. Doveva essere stato il composto. Si sa che il Mars fa solo ingrassare. E all'improvviso mi venne un'idea. Se tutti quegli uomini ritardatari e grassi fossero spariti, se tutti i don Franco non fossero più esistiti. Dovevo testare il composto su un campione significativo. Ricordai che il prete era originario di Rocchetta Sant'Antonio, un paese lì accanto, così chiamato perchè abbarbicato su una piccola rocca. Era perfetto. Provai tutta la notte a riottenere il dosaggio della sera prima. Dopo mille tentativi ce la feci. Il giorno seguente era domenica. Mi recai a Rocchetta. Intorno si vedeva il verde dei campi. Superai le pale eoliche e mi sembrò di respirare un'aria nuova. Avevo anche una strana fame. Parcheggiai in una piazza e attraversai la città. Trovavo le vie foderate di pietre bianche più belle che mai. Ora si poneva il problema di far assaggiare il composto agli abitanti. Come avrei fatto? La chiesa mi venne in aiuto. Un manifesto sul portone avvisava che quella sera ci sarebbe stata una festa al castello, con tanto di fuochi d'artificio. Il castello stava sulla parte più alta della città. Vicino aveva una pizzeria, l'unica del paese. Assecondando la mia fame salii per mangiare. La pizza era buonissima e volli fare i complimenti al cuoco. Mi avrebbe preso come apprendista per quella sera? C'era tanto da fare e il pizzaiolo assentì. Avendo accesso alla cucina sarei riuscito a versare il contenuto delle provette in ogni caraffa. All'interno della giacca ne portavo ottantaquattro. La sera era tutta un scintillare di chiasso e di luci. Dalla rocca la città era illuminata d'arancio sotto la pelle scura della notte. Infine vennero i fuochi. Luci a forma di freccia scendevano a cascata dal castello. Era uno spettacolo bellissimo. E la gente beveva, beveva. Mi immaginai su un punto in alto, nell'Universo, ad osservare gli scoppi di fuoco sotto il grappolo di case. E quando lo spettacolo finì, le persone erano cambiate. Indubitabile. I loro modi erano diversi. Ma anch'io mi sentivo diverso. La mia fame era aumentata, dalla bocca mi uscivano risate grasse e avevo preso a sudare. Tornai in cucina a prendere un trancio di pizza ma mentre svuotavo l'ultima provetta il pizzaiolo mi scoprì e disse: - Che fai? Non c'era traccia di dialetto nella sua voce. Avrei voluto baciarlo ma lui mi strinse e le provette vuote, ancora nella giacca, scoppiarono fra le mie braccia. Ero coperto di pezzi di vetro e sanguinavo. Mi portarono in ospedale e poi qui, in questa stanza bianca. Ho ritrovato la mia compostezza. Non c'è più traccia di sudore sulla pelle e anche la fame è passata. L'effetto su di me era arrivato lentamente per la scarsa quantità ingerita nel Mars. Ora che sarà dei miei progetti scientifici? Non sono riuscito a spiegarvi che è solo una questione di dosaggio. L'unica cosa che non ho testato è l'effetto sui ritardi. Vi prego, se a me non è concesso, qualcuno di voi deve farlo. Potreste salvare milioni di uomini dall'infelicità. Nessuno attenderà più invano di sposarsi. Contravvengo quindi al mio proposito e ve la scrivo. Ecco. La formula è: > Per non perdere nessuno dei Racconti d'Autore di Inchiostro di Puglia clicca "Mi Piace" sulla nostra Pagina Facebook Federica Lauto, nasce il 16 maggio 1984 a Monfalcone (Gorizia). Ha studiato clarinetto, chitarra, violoncello e canto. Laureata nel 2006 in Scienze psicologiche della Personalità e delle relazioni interpersonali, e nel 2009 in Psicologia Clinica Dinamica. Terminerà alla fine del 2014 una scuola di specializzazione in Psicoterapia psicoanalitica fenomenologica. Oltre a racconti sparsi, ha scritto due raccolte di racconti (inedite) e ha partecipato alla trasmissione televisiva Masterpiece. |
#MasterPugliaMini-Serie di 4 racconti. ArchivioRacconti
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