![]() “Mena, Signor To’, che domani arriva la truppa.” L’ironia è un piatto che va servito freddo. E lo si può assaporare con soddisfazione anche in perfetta solitudine. Dunque. La truppa sarebbe la troupe. La troupe cinematografica che domani arriverà qui al Castelletto, la vecchia residenza di famiglia che da qualche anno ho trasformato in un resort per milanesi in foia da Salento. “Signor To’”, invece, è Tonio Colazzo, uomo tozzo e grezzo, a cui però la vecchiaia ha almeno donato un fondo di dolcezza negli occhi. La sua Hostaria del Paradiso, ristorante pugliese di ispirazione slowfood (così dice lui agli avventori, quando si lamentano della lentezza del servizio) deve la sua sopravvivenza agli ospiti del Castelletto, che io mando a mangiare lì. Posso quindi dire che Colazzo è un mio dipendente, non in senso contrattuale, ma perché dipende da me. Trent’anni fa, invece fui io, Federico Nugnes Peluso, a essere per breve tempo un suo dipendente, in quel caso in senso stretto (ma anche allora, di contratti, nemmeno l’ombra). Ero uno studentello universitario viziato, e per qualche settimana feci il ragazzo di fatica al suo Hotel Paradise, uno sgraziato cubo di cemento, una specie di inconsapevole monumento all’insipienza turistica di quei tempi. Allora fu Colazzo a dirmi “Mena, che mo arriva la truppa.” Da qui l’ironia. La mia vita iniziò a cambiare proprio allora, in quel memorabile settembre dell’82, quando il cinema per la prima volta arrivò a Sprusciano. Molti anni dopo – qualche mese fa – il cinema è tornato a Sprusciano sotto forma di due “location manager” che – previo appuntamento telefonico – si sono presentati al Castelletto a bordo di una monovolume scura. “In questo paese hanno già girato un film, molti anni fa. Si chiamava 13 sotto il lenzuolo” dissi. Ma loro non diedero segno di ricordarsene, né mostrarono interesse. Ebbi la tentazione di insistere, di raccontare che razza di film era quello, di Lino Banfi, Johnny il Mostro e tutti gli altri. Ma poi avrei dovuto spiegare come e perché Morena Dani, quel pezzo di fica che attraversava la pellicola più nuda che vestita, era diventata mia moglie. E magari avrei dovuto parlare anche di quel tredici al Totocalcio su cui i miei compaesani non avevano mai saputo la verità. Così lasciai perdere. Ma poi, che pretendevo? Quelli erano tempi in cui la Puglia ancora puzzava, e il cinema pure. Cosa se ne potevano fregare quei due ragazzotti, coi loro mocassini e le loro camicie bianche fresche di aria condizionata? “Il film che dobbiamo girare è tratto dal romanzo di un autore pugliese” mi dissero, “uno di queste parti”. Fecero anche il suo nome, che lì per lì mi sembrò familiare, ma ora mi è passato di mente. “Il suo resort ci piace perché è un esempio di architettura tradizionale pugliese pressoché perfetto” aggiunsero. “Perfettamente falsificato” pensai io senza dirlo, ricordando quanti soldi e quanta fatica mi era costato ristrutturare quel posto perché sembrasse antico e autentico, ma al contempo confortevole come i miei ospiti pretendono. E per farli contenti mi tocca anche recitare la parte del campagnolo un po’ naïf, io che un tralcio di vite non l’ho mai tagliato in vita mia e che i soldi li ho fatti con certe operazioni immobiliari e con la borsa. “Però il paese non è gran che” risposi allora. “Le scene in paese le giriamo altrove” mi spiegarono. “Questa zona ci interessa per il mare”. Pensai che il cinema era finzione, ma che anche la mia vita, quanto a falsità, non scherzava. Mi chiesero di accompagnarli nei sopralluoghi sulla costa. Li portai all’Italiana Carburanti, la pompa di benzina col baretto dove da ragazzi io e Donato ci bevevamo delle Raffo pensose. All’altro lato della strada c’era una fila di alberi, una spiaggia e poi il mare, e oltre il mare si vedeva la città, lunga lunga, che riposava fra mare e mare. I due confabularono a bassa voce. Colsi distintamente solo la parola “postmoderno”. Poi uno indicò a sinistra, dove la città cedeva il passo all’immensa zona industriale e disse con tono stentoreo “Questo va tutto via!” Non mi stupii troppo: di film girati in Puglia, negli ultimi anni, ne avevo visti parecchi, e sapevo che il più delle volte la mia terra ne usciva fuori un po’ troppo idealizzata. Non c’era niente di male, in fondo. Non è di un cinema più realistico che si sente il bisogno qui, ma di una realtà più presentabile. Poi, i “location manager” si fecero accompagnare all’Isola SoLitaria, il lido più esclusivo della zona. “Arriva la truppa?” Tonio Colazzo mostra segni di umanità. È nervoso per l’imminente picco di lavoro ed eccitato dalla prospettiva di buoni incassi. Ma al di là di tutto, si vede che il ricordo della prima truppa, di quello sgangherato film girato nel suo albergo più di trent’anni fa, un po’ lo intenerisce. “Vi ricordate, Signor To’?” lo incoraggio. “Le risate…” risponde lui. Che allora era sempre incazzato. Ma si sa, le cose vanno così, e il tempo, oltre agli occhi, addolcisce anche i ricordi. “Secondo voi era meglio allora o era meglio mo?” gli chiedo, offrendo una sponda al suo prevedibile qualunquismo. Ma lui, in parte, mi sorprende: “Federì, che ti debbo dire… Prima eravamo giovani, mo siamo vecchi”. “Tenete ragione, Signor To’” rido. Troppo spesso disprezziamo ciò che ci sta intorno, senza accorgerci che a peggiorare siamo noi. Sia come sia, meno male che c’è sempre il cinema. Domani arriva la truppa, e io mi sento ancora giovane. ![]() GIULIANO PAVONE www.giulianopavone.it #giulianopavone #13sottoillenzuolo #inchiostrodipuglia #vivilapuglia #leggereèrespirare > Per non perdere nessuno dei Racconti d'Autore di Inchiostro di Puglia clicca "Mi Piace" sulla nostra Pagina Facebook
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